A/V "Alda Teodorani presents 15 Desideri" CD + book

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STORIADELLAMUSICA.IT
by Stefano Fasti
La scrittrice Alda Teodorani, da sempre avvolta in lunghe ombre scure in grado di intorpidire confortevolmente i sensi e in tessuti musicali attigui a territori dark e noise, si schiude, per la prima volta completamente, spalancando la propria sensibilità e le proprie ferite alle salate onde del mare dell'underground sonoro italiano. Il suo percorso si era già bagnato sulle sponde sonore de "L'isola", importante opera di fusione fra arte visiva, letteratura e musica, concepita insieme a quegli incursori sperimentali che rispondono al nome Le Forbici di Manitù. I "quindici desideri" che Alda Teodorani declama in questo suo primo lavoro su cd sono desideri che chiamarli meramente erotici è fargli un torto, per eccessiva sottrazione e semplificazione. Per l'autrice dell’apprezzato “Le Radici del Male” e del controverso "Belve" non esistono confini fra anima e carne, altissima anima e profondissima carne (o sarebbe meglio dire profondissima anima e altissima carne), nessuna barriera fra delicati frangenti di nostalgia e furiosi assalti di veemenza sessuale. Alda Teodorani si propone e si offre senza veli di ipocrisia: chiama le cose con il loro nome senza cercare metafore laddove non le ritiene necessarie. Ci mette la sua essenza in questi racconti, ci mette la sua voce, la sua identità senza indossare false maschere. Ma, nonostante l'ostentazione di umori, sudori, emanazioni, semi e organi sessuali il ritmo della narrazione (e così anche la voce), di tanto in tanto, sembra incresparsi, forse in virtù di un qualche recondito imbarazzo a cui forse la registrazione induce.
Le tematiche scelte rivelano desideri vitali e allo stesso tempo efferati, letali e proprio per questo portatori di energie rigeneratrici. Valutando l'impatto d'insieme, la scelta di depotenziare la forza espressiva dell'allusione, avvertendo sempre invece primaria l'urgenza dello stimolo, non sempre consente alle parole di perseguire il loro obiettivo con il massimo dell'intensità a loro disposizione. Ma alla Teodorani interessa forse più che altro "rivelare" se stessa, andando oltre la cortina fumogena dei giorni grigi e superando la sua stessa letteratura, che stavolta pare asservita alla sua personale e privata epifania. Non le importa che alcuni sipari non calati, non strappati, avrebbero potuto accrescere il fascino diafano dell'opera, qualora fossero rimasti integri o socchiusi.
Dal punto di vista musicale, la recitazione si snoda lungo le composizioni offerte da una serie di band amiche della scrittrice, chiamate a cucire sulla loro pelle una veste sonora densa, fosca, sconcertante ma sempre a suo modo poetica , "necessaria" e funzionale ai quadri rappresentati nei "quindici desideri". Le pulsioni erotiche che sottendono ai racconti, seppur cariche di emotività struggente, raggelano il sangue. Alda Teodorani è una abile narratrice, confondendo la sua intima natura con quella delle protagoniste delle sue storie, immergendosi completamente nei loro fremiti e nelle loro tormentate fantasie. Però queste non scaldano il cuore, piuttosto trasformano la descrizione dell'atto o della vicenda in cui l'atto si incastona in una livida suggestione. Bruciano di passione, ma tale passione si tinge spesso di colori spettrali trasmettendo un freddo primordiale, contro il quale ci si trova a combattere ferocemente per rimanere vivi, non importa se con fattezze umane, ultraterrene, aliene o bestiali.
Musicalmente il lavoro è ricchissimo e convincente, consigliabile anche a fini palati in cerca di retrogusti sperimentali. Tutti gli artisti chiamati alla corte della Teodorani riescono a trovare la giusta sintonia per interpretare al meglio le vibrazioni e i fermenti verso i quali la sua voce indulge. Dal jazz fumoso, alla new-wave, dall'elettronica al noise, dall'industrial al metal: ogni episodio trova il suo territorio più idoneo. All'inizio ho pensato che le tracce avrebbero assunto maggiore significato qualora la recitazione avesse ceduto il passo al canto. Ora, dopo giorni di continui ascolti, non lo credo più. Piuttosto sarebbe stato interessante incrociare le due modalità tra loro, lasciando sfogare a tratti il cantato e permettendo alla Teodorani di prevalere altrove, intersecando magari l'inglese all'italiano. In tal senso mi immagino come la cosa possa funzionare ad esempio nelle serrate ritmiche e nei riff ossessivi dei Cose Perse in Desiderio N.5. Anche le spigolosità epiche e schizoidi di Desiderio N.6 (tutti da scoprire gli Small World Problem che ne sono gli artefici), si rivelano fra le cose migliori dell'intero lavoro, così geometricamente riecheggianti dei Fugazi. In brani strumentalmente intricati come questi è anzi la narrazione a passare in secondo piano. L'intemperanza sadomaso di Desiderio N.8, pur proponendo una catarsi fra le parole e le note acide, sottilmente psichedeliche dei Blood ’77, non consente di godere a pieno di un pareggio. Ho capito che di questo album mi piacciono di più, molto di più dei banali pareggi, le prevalenze, i contrasti, le dominanze, gli opposti irrisolti. Ecco Desiderio N.9 (dei SLASK) e Desiderio N.10 (apice dei "Quindici Desideri" a firma Truculent Boy) esaltano mostrando una sudatissima sfida fra la parte musicale e la parte narrata. Il discorso sonoro rimescola in modo coerente Tool, King Crimson (ultima maniera), Einsturzende Neubauten, Made Out Of Babies e ancora Fugazi.
Non confondete questo lavoro per un audiobook con un semplice sottofondo musicale particolarmente azzeccato. Questi brani hanno un peso specifico con un valore che prescinde nettamente da ogni istanza didascalica. La particolarità del progetto (che in sé ha anche una componente grafica tutt'altro che secondaria, includendo nel booklet anche alcune opere di valenti artisti che hanno saputo interpretare, ognuno a suo modo, lo spirito dei "quindici desideri"), è tale da non consentire un fruizione immediata o ossessivamente reiterata. Bisogna trovare un climax adatto per addentrarvisi, certi di avere effetti differenti a seconda del proprio stato umorale. "Alda Teodorani presenta Quindici Desideri" più che un'opera perfettamente compiuta pare un punto di partenza, un avamposto per un modo di concepire l'arte come una fusione (un amplesso) di esperienze sinestetiche provenienti da prospettive recondite e visioni catturate da angolazioni diverse. E così il piacere che se ne trae è assai differente, non solo in base ai soggetti a cui si propone, ma è anche cangiante, mutevole in base alle circostanze nelle quali lo stesso ascoltatore si trova a navigare. Quindi, in questa luce, si può davvero definire "Quindici Desideri" come un opus propriamente, prepotentemente "sperimentale".






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