DANIELE BRUSASCHETTO

fragranze silenzio
REVIEWS


BLOU UP#153 Febbraio 2011
by Dionisio Capuano
L’originalissima scrittura di Brusaschetto fa della delicatezza di tratto una manifestazione di inquetudine, quell ache contiene l’attenzione da pore quando si sfiorano sentimenti fragile. L’ultima possibile protezione dalla totale disfatta esistenziale, la prima tenue speranza di recupero. La voce, a volte, sembra una fantasmatica presenza low fi, quasi un accidente (Raccontamelo come fosse una favola) eppure la sua non-presenza è quanto di più espressivo e profondo ci sia nella canzone italiana insieme a quanto viene dai Bachi da Pietra. Stupisce ancora la densità lirica della musica ed il nitore tematico delle composizioni. Mpm solo nei quasi intermezzi in punta di penna (Fiori Finti) o le proto-ballate dove convivono fangose batterie elettroniche e fragilissimi plettri (Clouds). Bene o male là ci sono ganci melodici che adescano l’ascoltatore (e poi intelligentemente lo frustrano, abbandonandolo presto). Più ancora quindi si evidenzia in quei pezzi dove la materia del pentagramma appare completamente sfibrata (La Bambina Intermittente, Cauterization). E senza neanche troppo dover aguzzare le orecchie si percepisce ovunque un’estrema attenzione negli arrangiamenti e nella costruzione dei suoni. Tutto è strutturato per essere coerente e consequenziale ma non c’è un brano che suoni come gli altri. Rispetto a Blasé e Circonvoluzioni, il nuovo quadri-prodotto lavoro ci porta in ambienti più oscuri, come se qualche crepa si fosse generata e glu umori dell’animo post-industriale fluissero spargendosi nello spazio tempo dell’ascolto impregnando la memoria. Se il sentore è ubiquitario, solo la title track è palesemente apocalittica (nel duplice senso che il termine esprime: quello etimologico e quello invalso negli usi). Uno slow metal di sedici minuti costruito su di un riff monocorde di chitarra e folate drones che ne accompagnano le movenze. Ci pare, in essenza, cosa più blues che dark e, curiosamente, ci ricorda (mutadis mutandis e in temperie totalmente diverse) l’anabasi di The End, senza le sue conseguenze (auto)distruttive ma con le stesse potenzialità di parire, come dice Bruno Dorella, mondi, soprattutto interiori. (8)

RUMORE #229 Febbraio 2011

by Vittore Baroni
L’ascolto dell’ottavo albu solista in toto del torinese Brusaschetto, atipico cantautore dalle radici avant-noise, richiama alla mente certi “outsider” alla Jandek, chiusi in un loro personale e distaccato universo creativo. Canzoni come poesie scribacchiate su un quaderno, senza curarsi di pubblico e case editrici. Eppure in questa gran libertà da limiti e consuetudini, c’è molto da condividere e da assaporare. Corde sfiorate di una chitarra con brumosi ricordi industrial, versi introspettivi e criptici appena sussurrati, ritmi meccanici da bric a brac casalingo, qualche grezzo collage di nastri, ma anche dolci melodie che si materializzano inaspettate per subito volar via su “Ali di mosca”. E poi sorprese come “Fiori finti”, preziosa miniatura pop strumentale, così vicina e distante dalla title-track, col duo incalzare di dissonanti accordi elettrici a commento di un’apocalisse quotidiana dell’anima: casa mia per quanto ti odi sei il posto dove volgio stare". (8)

Ascension Magazine 27 - giugno 2011
by Gianfranco Santoro
Daniele Brusaschetto fa ritorno senza cedere alle possibili tentazioni cantautorali e “indie-folk” che avrebbe potuto sviluppare dal precendente “Circonvoluzioni”. In “Fragranze Silenzio” il nostro outsider preferito pare guardarsi indietro fino ai primi lavori, smistando il suo “nichilismo innocente” attraverso le vie di un rock scuro dalla lentezza sfiancante e dalle
dinamiche liquide, mescolato a strani rumori casalinghi e a un'elettronica in cui di necessità si fa virtù fra paranoia e nitide percezioni dopate della realtà. Un paio di pezzi iniziano come se il CD saltasse, poi questi stessi rumori diventano prima base e poi ritmo; Daniele riesce a creare musica da qualsiasi fonte apparentemente irrilevante, facendola diventare parte del suo habitat nel quale poi si immerge totalmente (“casa mia / per quanto ti odi sei il posto dove voglio stare”). Riesce poi, in “Clouds”, a riempire le sue stanze vuote grazie a un tetro pianoforte che lo fanno somigliare a dei Black Heart Procession alla deriva e felicemente disperati, per poi chiudere definitivamente le porte nei sedici minuti di asfissia drone/doom della title-track. “Bisogna saper perdere / bisogna sapere come perdere / raccontamelo come fosse una favola”: un bell'album in cui la fragilità può diventare un punto di forza.

SODAPOP
written By Andrea Ferraris (15 january 2011)
Uscita di fine anno per uno dei "best kept secret" italiani... ma si tratterà realmente di un segreto? Daniele Brusaschetto a suo modo rappresenta un caso a parte in molti sensi, in fin dei conti è vero che ha sempre lavorato nella disattenzione della stampa ma è altrettanto vero che ha sempre avuto uno zoccolo duro di estimatori (come ad esempio Dorella di Bar La Muerte che non a caso è sempre stato dietro alle sue produzioni). Per di più il torinese oltre a lavorare alacremente ad una continua evoluzione stilistica è stato titolare di progetti molto diversi e vuoi mai che l'eterogeneità e l'ibridazione vengano premiate, poi certo tutti si riempiono la bocca con i nomi di Zorn, Thurston Moore e Ambarchi ma l'erba del vicino è sempre la più verde. Per chi ricordasse Brusaschetto in veste rock industriale, va detto che da un po' di tempo a questa parte il torinese si è spostato verso un cantautorato in italiano fatto a modo suo, ma nelle canzoni del sabaudo la pesantezza in un certo senso è rimasta e, nonostante i passaggi smaccatamente melodici e gli arrangiamenti, una certa malattia è sempre presente. La produzione come sempre è ottima, a tale proposito va anche ricordato che non a caso Brusaschetto di recente ha dimostrato di avere grosse capacità producendo l'esordio di Paolo Spaccamonti e il disco di remix degli Ovo. Beat elettronici molto semplici e sempre piuttosto fini, cantato sottilissimo, narcolettico e mediamente depresso, spruzzi di elettronica su tracce che solitamente sembrano essere state composte in modo molto semplice con chitarra e voce. Non so quanti di voi ricordino gruppi come gli Ex Chittle, alcune cose di Bristol come Third Eye Foundation e simili, poi buttateci dentro un po' di trip hop, un gusto vagamente darkettone e l'area geografica di Fragranze Silenzio inizia ad emergere. Stilisticamente Brusaschetto ha le idee molto chiare e i dischi sono sempre assemblati in modo che certe tracce comunque piuttosto diverse passino sotto le orecchie senza stridere nella tracklist, proprio per questo si passa da canzoni più o meno cupe a tracce morbide come Fiori Finti che anche se invece di durare quasi due minuti ne durasse duecento non rischierebbe mai di stufare. Rispetto agli album precedenti sembra che il torinese si sia spinto sempre più in là nel percorso intrapreso da un po' di tempo a questa parte.

SENTIREASCOLTARE
by Stefano Pifferi (Marzo 2011)
Abbandonate da un paio di album le asperità neo-(post?)-industrial noise che nella loro efferata crudezza ne limitavano il raggio d’azione, il lungocrinito chitarrista italiano è ormai padrone di muoversi all’interno di un più ampio raggio di possibilità senza che per questo a perderne sia l’omogeneità di fondo della propria poetica o la ricerca sonora.
La personale via al cantautorato di Brusaschetto trova in Fragranze Silenzio una perfetta equilibratura tra le due anime dicotomiche e conflittuali che lo sottendono. Da un lato, quella delicata, romantica, in punta di corda e/o sussurro, quasi solare verrebbe da dire, che si manifesta sotto forme astratte e post-moderne: siano essi i fruscii da glitchtronica concreta (Ali Di Mosca), la bossanova disturbata di Cauterization, il pop minimale e strumentale di Fiori Finti. Dall’altro, quella oscura e minacciosa, risvolto dai contorni dark di ogni animo sensibile che assume le forme malinconicamente struggenti di Clouds o quelle mostruose della conclusiva title-track: un monolite drone-metal in modalità sludge sfiancante e estatico. Su tutto, una forma di lirismo personale e dal retrogusto amaro, che procede per lampi di pura poesia esistenzialista e flash introspettivi di un intimismo palese. Se per i Bachi da Pietra di Non Io bisognava “perdere gli occhi per poter vedere”, nell’apocalisse casalinga e intima di Brusaschetto (casa mia, per quanto ti odi sei il posto dove voglio stare, da Fragranze Silenzio) l’unica possibilità è che “bisogna saper perdere, bisogna sapere come perdere” (Raccontamelo Come Fosse Una Favola). Mai come stavolta però a vincere è Brusaschetto, mosca bianca e gioiellino da tener da conto. (7.4/10)

INDIE FOR BUNNIES
brizz89
(30 january 2011)
Un nome che quasi tutti gli ascoltatori di musica, come il termine in lingua italiana indica veramente, dovrebbero aver già sentito. Tralasciando le innumerevoli parti del globo musicale italiano in cui è stato avvistato negli ultimi anni, possiamo direttamente parlare del disco, perché ci sono molte cose da dire.
“Fragranze Silenzio” è molte cose. E’ un disco, prima di tutto, che affonda le unghie nella delicatezza del cantautorato per scavarne fuori tutta la rabbia che solo il passato di elettronica industriale di Daniele può rappresentare. Il problema è che questa volta l’artiglieria pesante è stata messa da parte, per illustrare un’ideale che si presenta come showroom di tutti i ghingheri di un glitch poco melodico, come dovrebbe essere, con la tendenza, prevalente, a sottostare alle meccaniche delle strutture cantautorali. E lo fa con una densità di qualità notevole.
Una cosa è facile presagirla, ascoltando le otto tracce: il disco dev’essere quasi sicuramente stato composto prima con chitarra e voce, rivestendolo solo successivamente di tutte le campionature e la patina elettronica che effettivamente lo cosparge in lungo e in largo, a partire dall’opening affidato ad una limatura trip-hop che si confonde con glitch hop, drone e le cadenze vocali che ti fanno pensare ad un Morgan distorto e soffocato nel rigurgitare parole che sono più che altro pensieri. E storie da raccontare. Il pezzo “La Bambina Intermittente”, si potrebbe elevare senz’altro a manifesto dell’intero disco: la spensieratezza di “Il Sole Domani”, dicasi spensieratezza alienata dalle devastanti grida pungenti e quasi urticanti che alcuni suoni riescono a sollevare creando un senso di tensione imprescindibile, si collega in maniera naturale con la decadenza ambient di “Cauterization”.
Analizzando l’aspetto letterario, troviamo molto di Baudelaire, forse qualcosa anche di altri autori francesi, Rimbaud in primis. I testi, incastonati in strutture parapoetiche, nascondono esistenzialismo quanto tecnicismi di evocazione di spleen perduti e che devono andar compresi solo con le dovute analisi, senza gli eccessi del virtuosismo ma neppure le banalità del lasciapassare, opposto semantico e analitico del giusto peso letterale che le liriche, in musica, dovrebbero sempre avere se non vi chiamate Verdena avendone, allora, il diritto di farlo.
Per il resto, nonostante le dichiarazioni pessimistiche d’antiagonismo di “bisogna saper perdere, bisogna sapere come perdere“, all’interno dell’ottima “Raccontamelo Come Fosse Una Favola”, possiamo senz’altro attribuire a questo disco le virtù di essere un dono di inverosimile pregio nel panorama italiano d’inizio 2011. Riportando l’elettronica ad essere meno accessibile ma comunque di grande lavore, spazzando via i cliché di chi vuole questo genere solo suppellettile da pista da ballo, privo di valore letterario e di caratura psicologica che, beninteso, questo disco invece possiede. Un lavoro (quasi) perfetto, un po’ ambizioso, con tutto il giovamento che i buoni risultati, in questi casi, portano all’artista che ha il coraggio di osare.

AUDIODROME
written by Marco Renzi
Ma dove mai andrà a finire l’anima delle mosche che uccidiamo?
Se lo chiede l’autore di Fragranze Silenzio, album che esce dopo una serie di altri lavori, nel bel mezzo d’un’attività discografica che dura da una quindicina di anni. La domanda inconsueta di cui sopra potrebbe al meglio sintetizzare quanto espresso dalla musica di Daniele Brusaschetto. Un artista che non si lascia amare, perché le sue canzoni difficilmente si mureranno nelle nostre teste e mai e poi mai le canteremo intorno a un bel fuoco per accalappiare una bella dama. Nel buio delle nostre stanze mute ascolteremo questi devastati frammenti, che tramite le orecchie scuoteranno le nostre vene e ci trafiggeranno la carne. In queste otto tracce ci sono tanto dolore, insicurezza, polvere, ferite: una sorta di humus musicale percussivo e ossessivo, mai davvero deprimente o dalla lacrima facile. Una voce rotta e rauca che canta versi più o meno sofisticati, alternandosi tra l’inglese e la lingua madre, su di una base strumentale che si muove tra ambient, suggestioni elettroniche e lo-fi, senza dimenticare la dolorosa lezione del blues. Sì, perché non è blues solo quello dei consueti giri di chitarra con la settima alternata. Quella musica sta nelle atmosfere qui rilasciate, negli ampi spazi deputati alla solitudine e alle tante domande che ci affliggono. Repetita iuvant: Brusaschetto non verrà mai adorato, ma chi avrà orecchie ascolterà e apprezzerà. Soprattutto: rispetterà. Al sottobosco musicale nostrano si può aggiungere un altro prezioso arbusto, in realtà già da tanto tempo parte di una interminabile lista di illustrissimi Carneadi.

CHAIN D.L.K.
by Marc Urselli
I've been following Daniele Brusaschetto's music and moves since longer than I can remember. He was one of the pioneers of the '90es scene of weirder and more interesting electronic music in Italy and almost twenty years later he's still at it. I've lost count of how many records he's done. As you'd expect his style has evolved and changed and today is maybe darker and more introspective than ever. If you judged his latest direction from the title-track of this CD you'd think that he's now into Sunn O)))/Boris/Sleep but, except for that one long, epic and somber closing doom movement, the album "Fragranze Silenzio" (Silence Frangrances) has much less distortion and rather portrays and artist that can effortlessly move from slow and sinister tracks (like the opener "La Bambina Intermittente") to more uptempo electronica that sound like an odd mixture between Bjork, Clock DVA and Young Gods (as in "Il Sole Domani"), passing through minimalistic industrial rhythmic episodes (such as "Ali di Mosca"). Courageous choices like phase-reversing percussion tracks so that you can listen to a song with or without a beat ("Clouds") speaks for his daring approach.
Throughout, a sense of loss and reflection permeates this album, augmented by disturbed and treated pianos, glitchy beats and electronica, treated guitars.
The common denominator is more often than not his vocal style and his cryptic lyricism. Wide and deep doubled vocals, sometimes willfully distant, almost always dipped in long reverbs and treated to sound removed but still within the context of the music.
Lyrics are mostly all in Italian and if you want to really dive into Daniele's world they are printed on the inside of the digipack. He's certainly an artist that has a lot to say but leaves plenty to imagination.

KATHODIK
by Marco Carcasi
Quanto altri si affannano a sbranarsi vicendevolmente, in cambio di briciole di visibile vanità (effimera/temporanea), tanto, Daniele Brusaschetto, si allontana dalla terra ferma.
Senza clamore, senza finte feste d'addio, a presupporre (quasi) sempre un ritorno.
Spolpato l'osso, Ego Mangiato Crudo, come ricordava il titolo di un suo brano.
...Bisogna saper perdere, bisogna sapere come perdere, raccontamelo come fosse una favola, trovare gli angoli giusti dove potersi nascondere, ombreggiati, freschi, asciutti, al riparo da ogni attacco...
E poi uscir fuori, senza esser riconosciuti, con una nuova, splendente, pelle di serpente addosso.
Parole ed intuizioni, che sminuzzano in particole delicate l'oggi, in attesa di un domani assolato, con una leggera brezza, a scomporre e pacificare.
Dal furore degli esordi, sino alla contrazione degli ultimi “Blasé” e “Circonvoluzioni”, Brusaschetto, ha sempre navigato in direzione di un panorama, bianco assoluto.
Non disdegnando ogni mezzo, elettrico stordente, acustico, elettronico, ogni forma plausibile, pur di giungere.
“Fragranze Silenzio”, è, come da rigorosa prassi, creato e chiuso, nella resistenza del fai da te casalingo.
Cresciuto, accanto ad una caffettiera che gorgoglia, al lavoro, al frigo che langue ed alla spesa consequenziale, al silenzio che si ammira, anticipando il trillo della sveglia al mattino.
Con i piedi fuori dal letto, respirando profondamente.
Il volo; lo sforzo del volo.
Necessario, ma mai richiesto.
“Fragranze Silenzio” è congegnato come un detonatore psichico, non ferisce (e non lenisce), ma lascia tracce, che, in un modo o nell'altro, rimangono indelebili (in un modo, o nell'altro).
Non è questione di drones, industrial, cantautorato, glitch, post, o tensioni quasi sludge.
La vita, è un corollario di piccoli episodi, che ne determinano il quadro complessivo.
Vergognosi e patetici a volte, sublimi ed inspiegabili altre.
Semplice, fragile, spesso indigesta, ma onesta ed inebriante.
Vita.

Music on Tnt
by Loris Gualdi
Daniele Brusaschetto, musicista torinese di ampio respiro, rappresenta ad oggi un interessante stella dell’underground italiano, posta tra sperimentazione e cantautorato. Una mistura acquisita grazie alle estemporanee esperienze nei territori Noise, sicked jazz, industrial e avantgarde.
Infatti l’ascolto del suo ottavo album Fragranze Silenzio, raccoglie i frutti del recente passato tra le parole dissipate all’interno di quel pensoso spazio naturale, immortalato dall’ottima work art pittorica di M.S.Lina.
Il full lenght uscito per Bosco rec/Bar la Muerte/Sincope/Chew-z offre all’elitario orecchio dell’ascoltatore otto tracce in cui l’autore riesce poeticamente a scomporre la propria realtà, vissuta in una sorta di eliocentrismo cantautorale, dentro al quale riescono a convivere De Andrè, Battiato, CCCp e Einsturzende, in una combinazione di metal, folk, industrial rock e minimalismo.
L’apertura del digipack è data da La Bambina Intermittente , tramite la quale l’ascoltatore viene invitato nell’antro di un bosco nordico, vestito di pacata desolazione e solitudine. L’apparente calma mattutina è devastata dal suono profondo e cupo delle note basse e da una vocalità sofferente e straziante, che dona al brano una fattezza inquieta, deflagrata nell’illusione di serenità minimalistica. I termini ipnotici della parte ritmica acuiscono l’angoscia descrittiva, poi mitigata da un soft rumosritico al servizio completo della voce, assestata tra echi molto soffici e invisibili. L’effetto voice appare come un anfrattuoso ed umido distaccato dalla realtà, metafora del platoniano mito della caverna.
Usciti alla luce del sole, ecco presentarsi un insolito utilizzo rumoristico al servizio della partitura, sviluppata attorno ad ritmica non completamente libera di divagare nel territorio free. La voce è liberata da filtraggi, rimanendo all’interno di un’aura di depressiva cupezza, sino ad un iper fugace liberazione di intenti che si delineano con Clouds in cui la voce di Bosco sembra a tratti ricordare quella di Brian Warner.
Il disco offre poi accenni tipicamente industriali, talvolta degeneranti verso un futurismo robotico, per un approccio critico volto ad un tecnologico futuro da 1984, fortificato da un intratesto alquanto cupo, vicino alla filosofia del “no future” .
Lentezza e freddezza completano poi le sensazioni sussurrate dalle parole, che tra jazz ed imprò
Sfiorano il bianco silenzio, per poi dipingersi di pece per la chiusura di Fragranze Silenzio
, in cui la chitarra diluita finisce per imparentarsi alle tipiche espressioni del depressive black metal.
Un disco che ha l’intento di chiamare a sé l’ascoltatore, per chiuderlo all’interno della sua foresta e per poi disorientarlo con sensazionale abilità artisctica.

SUPERMIZZI
written by Guido Siliotto (3 january 2011)
Torna Daniele Brusaschetto con un nuovo album che è un'altra tappa del percorso fin qui intrapreso in tanti anni di onorata carriera. Dopo aver scarnificato la propria musica col precedente cd-r, l'ottimo “Blasé”, il musicista torinese torna a dare maggior peso alla componente elettronica con queste otto tracce che, al solito, ci portano in un mondo fatto di piccoli gesti quotidiani osservati attraverso una sensibilità tutta speciale, testi quasi sussurrati ad assecondare un'indole intimista. Gli arrangiamenti, come si diceva, si arricchiscono con l'uso del computer, senza disdegnare la componente ritmica, sebbene nel complesso l'atmosfera sia sempre piuttosto sospesa, tranne per la lunga eponima traccia finale, implacabile e senza speranza (“Povere madri di tutto il mondo che si ostinano a proliferare parassiti”)

THE GREAT COMPLOTTO RADIO
by Sara Casaluce
Decisamente un disco personale, "Fragranze Silenzio", che manifesta uno studio e un gusto particolare nell'utilizzo di suoni e melodie. Daniele Brusaschetto ha alle spalle una carrellata di 8 dischi e un EP e diversi side projects come ICH NIENTE, è in attività dal ben lontano 1996.
E' infatti evidente che questo lavoro è il risultato di tanta esperienza.Un genere Aambient/ Industrial dove la chitarra e i suoi effetti regna padrona nella scena, contornata da suoni elettronici e una batteria piuttosto tranquilla, celano atmosfere cupe e misteriose.
Una voce sussurrata racconta dei testi introspettivi, che sono per lo più scritti in italiano, fatta eccezione per due canzoni come "Clouds" e "Cauterization" che sono in inglese.
I brani hanno tutti la durata di una canzone media, tranne l'ultimo "Fragranze Silenzio" che dura ben 16 minuti e 44 secondi  di cui 11 sono i minuti lasciati alla sola musica con la quale Daniele vuole chiudere il sipario del disco.
Un lavoro personale e per questo originale, lontano dalla classica musica italiana.
Voto: 7

heathenharvest.org
by Sage Weatherford
I’ve been sitting on this release since about half a year after the original incarnation of Heathen Harvest closed down, back when bringing it back to life in a new version was still only being discussed in passing.  When I originally went to review this album, I wondered if it was even necessary to do so considering the artist has all but stopped existing and three of the four labels who released this album are now defunct.  However, in the end my conscience as well as Alan Milne’s original review of Brusaschetto’s “Live at the Satyricon” on the original HH got the better of me, so to the lone survivor of five on this album, Sincope Records, this review is for you.
Daniele Brusaschetto has been operating as a solo musician and in various groups for some 16 odd years now, and has worked with labels everywhere from the four mentioned here to Ron Lessard’s RRRecords, Emil Maťko’s now seemingly defunct Black Orchid Productions, the sporadically operational Snowdonia, Afe Records, and Blossoming Noise.  While it appears that this may be his last release, he’s had the honor of working with projects like OvO, Krankheit der Jugend, and Sandblasting (Luca Torasso) in addition to the projects he was an official part of.  These included All Scars Orchestra (which is still active if the split tape with Icydawn is anything to go off of) — with Daniele Pagliero (Lo Dev Alm), Fabrizio Modonese Palumbo (Larsen, (r)), Marco Schiavo (Il Bue), Mirco Rizzi (Ashtool), Pier Paolo Bettinardi and “Smiao” — the psych rock project “Mudcake” with some other unknown members, and Ich Niente which was also with Mirco Rizzi.  Needless to say, it would seem that, even though he’s played with a member of the well-known Larsen in All Scars Orchestra, his success has primarily been found through his music created via his own name.Fragranze Silenzio, or the smell of silence, has a slightly psychedelic texture to it.  If the album artwork, which was painted by an unknown artist in M.S. Lina and goes a long way to make one think of Tor Lundvall isn’t a good enough example of that, then the weirdness of the music itself and the English lyrics should be more than enough.  What we have to listen to on “Fragranze Silenzio” ranges everywhere from short sustained piano/vocal psych mutterings of “Clouds” to the straight up stoner doom lengthy jam of the title (and final) track.  Despite the down-tempo, minimal, tripped out nature of the release, portions can come off as both impressive ony a melodic and compositional level, and impressive in its ability to create electronic / post-industrial rhythms that can carry the music on an experimental level.  “Raccontamelo come Fosse una Favola” even comes off as strangely Mediterranean on a folk level, which shouldn’t come as any surprise given the artist and the label’s geographic location, but in the context of the album, came completely out of left-field.  Both of the opening tracks in “La Bambina Intermittente” and “Ali di Mosca” are ambient / art-rock works that utilize as minimal of an atmosphere as possible while still giving off a ‘rock’ vibe with light percussive clicks, a two-note lightly played clean bass loop, light cymbal-work and static/field recordings that are placed subtly in the fore-front of the production.  “Il Sole Domani” is one of the more memorable tracks strictly for it’s dancey experimental IDM nature if nothing else, as is the title track for it’s unexpected heaviness and absurd length.
In all, I think the most impressive part about this album is that Brusaschetto has succeeded in creating something that is absolutely listenable on a normal basis.  It’s still experimental for the sake of being experimental, but it has a lot to offer to the eclectic music fan who enjoys literally everything on the darker end of the spectrum from the expansive world of post-industrial and psych rock.  While the album as a whole may not be everyone’s proverbial cup of tea because of its relaxed boundaries in regards to genre, you’d be hard-pressed to not find at least a track on the album you could get into.  I do feel that there are some compositional issues where not simply adhering to the minimal rule of thumb actually could have helped tracks which is the reason for the score it’s getting, but it remains an interesting and impressive journey into avant realms.

DARKLIFE
by Gianfri
Every new album by Daniele Brusaschetto has always something very new and intriguing to offer and this one is no exception. Fragranze Silenzio sees the author embellishing his cryptic poetry with very minimal layers of electronics ranging from glitch to loops, tense ambiences, noises, hanging bass tones, but clearly the beloved guitar has a centre role. The melange is very subtle and so well conceived that it all sounds easy and natural, unless of course you go on and dissect the whole into its ingredients. And less, less, less is the dogma. With very few exceptions, there are no melodies as such and Daniele's trademark spoken words and hermetic lyrics sit in there just as if they were another sonic component. Most tracks are bodied by rhythmic loops that add movement,  and laying a perfect foundation for the visionary experimentalism that makes each track a little pearl. And if you're fond of refined and suggestive music, don't let the word experimentalism scare you. There's isn't any hint of chaos, or cold abstract sciolism across the forty minutes of this album. Even with the title track closing the album and making up for almost of it in fact, where all the brakes are loosened, the epic repetitiveness of the guitar chords doesn't carry the bite of a similar venture by, say, Swans or similar, but seems to rather offer the listener a lift from Daniele's obscure reflections down to the real-bodied world. Subtle, fragile, are adjectives that one can find in virtually any of my previous reviews of Brusaschetto's albums, and these apply as much to this, even if to a much lesser extent when compared with his most recent works. His experimentalism is a pretty personal affair, one that makes each of his albums a solid chapter, and this particular one, one of my favourites.






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