TRONCO

primo annuale e mezzo resocnto cdr
REVIEWS


FUORIDALMUCCHIO numero Arpile '11
by Luca Minutolo
I Tronco sono un duo di Frosinone, chitarra e voce (Truculentboy), e batteria (Francesco). I Tronco sono sporchi come il post-punk più zozzo e rude, ma brillano di un’anima candida e disperata che vibra di pulsioni elettriche incontenibili. Escono fuori con il loro disco d’esordio “Primo annuale e mezzo resoconto” per la Sincope Records, indipendente con la “I” maiuscola che ha prodotto 77 copie del disco serigrafate e numerate a mano, in una veste grafica che ha il sapore genuino di qualcosa, prima di tutto, da possedere. Qualcosa da custodire gelosamente nella propria collezione, a prescindere dalla musica che contiene. Raro e di una semplicità disarmante come gli EP degli Altro disegnati da Alessandro Baronciani, con cui condividono non solo l’estetica applicata al prodotto/feticcio, ma anche un attitudine aggressiva a cuore aperto e sanguinante alla materia musicale. Un post-punk informe e caotico che scappa via a velocità sostenuta, fra slanci di distorsioni, urla di pancia e flussi di coscienza inarrestabili, come un gruppo punk che rotola giù per un burrone in preda alle urla.
I Tronco partono da una base punk d’impatto, elettrizzando il tutto con una sporca e massiccia dose di rock sudicio e distorto. Come il riff garage di “Tronco” o il caos beefheartiano di “Stupendo”, che suona come dei Bud Spencer Blues Explosion immersi in una nebulosa acida. “Primo annuale e mezzo resoconto” è un compendio di garage rock sudicio e viscerale (“Ex-9”) che fra slanci punk (le lame affilate di “Non so”), geometrie post-punk (“P”) ed un anima garage blues sbilenca (gli umori altalenanti fra blues viscosi e sferragliate punk ipercinetiche racchiusi in “Barattoli”), compongono un esordio vivo e pulsante, come un cuore gettato a terra ed ancora palpitante di battiti aritmici e sistolici, sempre in bilico costante e ansiogeno fra l’equilibrio e la caduta. La cover di “Noia” dei CCCP posta sul finire, e riletta in chiave noise-core, chiude le danze e manda tutti a casa. Post-punk, post-rock, post-tutto.

SODAPOP

by Claudia Genocchio
I Tronco escono con Sincope che ha in catalogo pacchi di roba harsh, noise, hardcore ed experimental e va detto che, in linea generale, questo lavoro non si discosta tanto dai progetti finora sposati dalla diy label. Primo Annuale E Mezzo Resoconto, infatti, è frutto di improvvisazioni ripetute (dal 2008) e messe ottimamente in forma di canzone da un (molto) power duo della provincia di Frosinone.
Siccome sono curiosa come una scimmia, prima ancora di ascoltare il disco, mi sono catapultata sul myspace dei Tronco per dare un'occhiata e ho subito notato il loro considerarsi, tra le altre cose, una band 'terapeutica e di facile ascolto'. Senz'ombra di dubbio mi sento di affermare che, dopo essermi ripetutamente beata del loro album, trovo che, al di là di tutte le etichette di post punk core, neo hardcore e minimal a cui uno può fare riferimento, la loro auto definizione sia estremamente calzante. Voce che non canta, ma parla e urla sfrontatamente - mi vengono in mente gli Altro, tanto per dire - su chitarra e batteria che si dichiarano ispirati da Signore Bands come Husker Du – Tronco, Non So -, Wire (a sentire Stupendo e Buona Fortuna, decisamente gli Wire del giro 12XU direi) e vecchie glorie nostrane tipo i Kina e i Cccp (non a caso, penultima traccia di 14 è una cover di Noia: puristi di Lindo-prima-versione, per piacere, non fate del male a me e alla mia famiglia se dico che credo che questa rivisitazione, oltre ad essere grandiosa, abbia il pregio di riscattare un originale che 'annoia normalmente mortalmente'). Un packaging (in edizione limitata!) davvero bello che contiene un disco davvero bello. Terapeutico e di facile ascolto.

LAMETTE.IT
by Simone Lucciola
Tronco può significare un sacco di cose; come aggettivo: privo di una parte, interrotto. Come sostantivo: Fusto legnoso di una pianta arborea, figura solida ottenuta tagliandone una parte, parte del corpo degli animali e dell'uomo. Io qui seguo la suggestione della splendida copertina serigrafata e penso immediatamente a una mutilazione anatomica. Tronco, per capirci meglio, è un duo sperimental/minimalista aperto composto essenzialmente da Francesco (batteria/voce) e Max “Truculentboy” Onza (chitarra/voce e factotum di Mammamiaquantosangue, MastroTitta Produzioni e Sincope). Pezzi rumorosi, brevi e punkeggianti, che si reggono su una struttura essenziale e conchiusa, con testi laconici a base di nonsense e disagio esistenziale. Godereccio è la parola.
14 pezzi 14, che sanno di postcore italiano degli anni novanta e che a tratti – ma solo a tratti – ricordano un po’ la maniera dei primissimi CCCP Fedeli Alla Linea, di cui i nostri vanno sapientemente a rivisitare “Noia”, il classico più in linea con lo spirito di Primo annuale e mezzo resoconto.
Barattoli vuoti, pisolini sul divano tra i vetri rotti, scopate di merda. Se avete capito lo spirito e vi piace, questo disco deve assolutamente essere vostro.

IN YOURE EYES EZINE
by Nicolas Gasco
Mi sono ritrovato in mano il cd dei Tronco grazie a quel criterio pseudoscientifico, e un po' superficiale, che sono sicuro abbiate applicato anche voi in un negozio di dischi almeno una volta: selezione puramente casuale basata su quanto figa è la copertina. E la copertina di "Primo annuale e mezzo resconto" è molto figa. La buona notizia è che anche il contenuto musicale non è da meno. Chiariamoci fin da subito, potrei non essere completamente obiettivo in questa recensione: tra me e i Tronco c'è una qualche affinità chimica di natura ignota.
Forse è la ragazza serigrafata in rosso sulla copertina del disco, intenta a divorare dei non meglio specificati tubicini dall'aspetto arterioso, a secernere dei feromoni che mi attraggono irrimediabilmente. Forse il fatto che mi ricordano uno dei gruppi che più mi emozionano in assoluto, i canadesi Japandroids. Come loro infatti i Tronco sono solo due (si autodefiniscono "post punk core duo") e come loro fanno un casino della madonna, insomma una batteria che ti spacca i timpani e voci che non smettono mai di urlare, quell'ammasso di rumore che ascolto dopo ascolto diventa musica, e che musica.
Il primo ascolto è come prendersi un calcio dritto sul muso: hai appena schiacciato play e ti ritrovi già alla quarta traccia, dopo solo un susseguirsi unico di voci, colpi di batteria e chitarre, tutto rigorosamente incazzato. Ventotto minuti e sette secondi dopo è già tutto finito, c'è tempo per un secondo 'primo ascolto' immediato. "La lancerta" potrebbe battere il record per l'intro più corto della storia, venti secondi scarsi, parte subito dopo "Semplice" dove la voce è sovrastata dagli strumenti, bisogna ricorrere al booklet per cogliere completamente tutte le frasi. Finisce in pochissimo tempo, un minuto e mezzo scarso, "Tronco", la traccia seguente, è il primo pezzo più corposo ed entra in testa fin da subito. Il testo sembra voler sbattere in faccia l'inutile ripetitività dell'esistenza quotidiana: 'tante cose uguali, uguali a cose uguali, scrivere tanti numeri sopra un pezzo di carta e passare una vita a contarli'. Semplice ma efficace, colpisce dritto senza indugio e tiene testa alla forza del sottofondo musicale. In "Stupendo" invece è la voce a farla da padrone sugli strumenti, il testo è ripetitivo, come se il concetto espresso non fosse già abbastanza chiaro. A metà brano il tono cambia e gli strumenti lasciano spazio ad angosciose atmosfere elettroniche. L'inizio tranquillo (per gli standard del disco, intendiamoci) di "Ex-9" fa sembrare le voci di Truculentboy e Francesco un'esplosione nucleare, inutile persino il booklet qua, le frasi si sovrappongono l'una sull'altra e lasciano intendere solo qualche stralcio qua e là. Seguono quattro brani che si mantengono sulla stessa linea delle tracce precedenti, senza però rimanere particolarmente impressi nella mente: "Non so", "P" (completamente strumentale), "Barattoli" e "Trapianto di pelle". Lo stesso non si può dire di "Tristezza Parte 2", il brano più lungo di tutto il disco con i suoi cinque minuti di durata. Malgrado questo, il testo consiste di una singola strofa ripetuta una sola volta, la maggior parte del tempo è occupata da un lungo e inquieto finale strumentale. Segue "Altro", scritta a quattro mani da entrambi i membri della band, in cui le due voci si rincorrono alternatamente per urlare testi che evocano immagini mentali figlie di qualche allucinazione da chissà quale sostanza presa dai due. In "Noia" i Tronco divorano e digeriscono, facendolo completamente loro, l'ominimo brano dei CCCP. A chiudere il disco ci sono "E lascia stare" e "Buona fortuna", due brani brevi che in realtà sembrano un'unica traccia divisa in due e lasciano l'ascoltatore con il monito 'che cosa vuoi da me?' ripetuto a sguarciagola negli ultimi secondi del disco.
Nel complesso "Primo annuale e mezzo resoconto" merita ben più di un ascolto distratto, sicuramente insufficiente per apprezzarne tutte le potenzialità, ma neanche di essere consumato nel chiuso di una stanza. Musica come questa pretende le vibrazioni del live, allora sì che arriva il calcio in faccia incazzato dei Tronco.

SENTIREASCOLTARE
by Stefano Pifferi
Noise a scartamento ridotto, musica tronca come binari di treni interrotti o come parole mozzate e urlate senza remore. Questo il senso ultimo dell’ennesimo progetto uscito dalla Sincope: non paga di aver co-firmato uno dei lavori meglio riusciti d’inizio anno – il Fragranze Silenzio di Daniele Brusaschetto e aver prodotto del buon noise-harsh (Fecalove su tutti) – la label diy laziale replica col primo resoconto annuale (e mezzo) del duo Tronco. Truculentboy – deus-ex-machina della label e metà Compoundead – alla chitarra/voce e Francesco a batteria/voce mettono fuori un dischetto di improvvisazioni rielaborate che, pur ispirato almeno nel titolo dalle crudezze industrial di matrice Throbbing Gristle, ripiega più su un noise-(core)-rock scartavetrato e scheletrico pronto a schiantarsi su minimali lande wave/post-punk chitarristiche.
L’uso dell’italiano avvicina il progetto a territori da acre stil post, per usare il titolo di un nostro articolo in cui indagavamo l’uso della lingua di Dante in Massimo Volume e Bachi da Pietra, Starfuckers, Altro e CCCP. Proprio questi ultimi due sembrano essere i punti di riferimento più prossimi per i Tronco, abili a mostrarsi in sintonia coi cut-up degli Altro e con le pastoie linguistiche di un Lindo Ferretti ancora non anestetizzato. A dimostrare il legame e la contiguità prendono a prestito la lenta Noia e la riducono ad un colabrodo noise-punk-core non disprezzabile. Coesione e forza d’urto unite a una idea di base piuttosto chiara ci fanno ben sperare per un album compiuto. (6.9/10)

AUDIODROME
by Michele Giorgi
Chitarra, batteria e voce confluiscono in un magma di noise-rock sporco e sfrangiato, musica ruvida che riprende a piene mani gli umori della vecchia scuola e li utilizza come trampolino di lancio o, meglio, manifesto programmatico di una nuova ditta di demolizioni.
Il risultato del procedimento di sottrazione posto in essere dalla band è un lavoro dagli spigoli vivi, costruito con tecnica patchwork e spesso lasciando le fratture esposte in bella vista, eppure proprio per questo riesce a colpire l’attenzione e ad ottenere uno strano effetto magnetico sull’ascoltatore. I Tronco solleticano quel voyeurismo che ci fa rallentare mentre si passa a fianco dell’incidente in autostrada, con un malcelato senso di colpa e un ancora più evidente senso di eccitazione: un effetto ottenuto grazie ad un modus operandi che attinge dalle gesta della gloriosa epopea noise e ne attualizza il linguaggio, così da renderlo se possibile ancora più secco e asciutto. I testi declamati in italiano e l’utilizzo dei vuoti come veri e propri elementi portanti delle composizioni sono gli elementi che completano l’armamentario del duo di dissezionatori, coadiuvati dalla presenza di un guest al basso per la cover dei CCCP “Noia” e di un suonatore di giocattoli arruolato per “Stupendo”. In fondo, si tratta del classico lavoro iconoclasta in cui due amici si divertono a spogliare i brani di ogni orpello/rifinitura per offrirne la nuda carcassa, magari smontandola e rimontandola quel che basta per rendere il tutto ancora più bizzarro, un gioco cui ormai si dovrebbe restare pressoché impassibili e che poco o nulla dovrebbe aggiungere a quanto detto prima. Al contrario, i Tronco sovvertono i pronostici e vincono una scommessa apparentemente persa in partenza, perché aggiungono alla formula una buona impronta personale e dimostrano senso della misura nel gestire gli ingredienti, chiudono il tutto prima che si rischi di strafare ed escono dalla stanza a testa alta. Resoconto positivo.

 





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